Secondo il Rapporto AGI-Censis, la rapida transizione verso un modello ormai inevitabile di economia circolare vedrebbe il nostro Paese come punto di riferimento per l’intera Europa con importanti ricadute economiche ed occupazionali.
Nel corso di “Maker Faire Rome” (12-14 ottobre 2018), la Fiera europea dell’innovazione visitata da un eccezionale flusso di pubblico, con oltre 100 mila persone che hanno animato i tre giorni della kermesse, è stato presentato il Rapporto “Perché all’Italia conviene l’economia circolare”, realizzato da AGI (Agenzia Italia) e Censis (Centro studi investimenti sociali) nell’ambito del programma pluriennale “Diario dell’innovazione” della Fondazione Cotec, che indaga la reazione degli italiani di fronte ai processi innovativi.
L’esigenza ormai ritenuta universalmente inaggirabile di produrre in modo sostenibile sta trovando nel paradigma dell’economia circolare una chiave concettuale forte che può diventare il vero di driver di un processo di cambiamento di portata epocale. Viene infatti posto al centro un modello di economia che, a partire dalla consapevolezza del carattere finito delle risorse, riduce e/o elimina lo scarto, differenzia le fonti di approvvigionamento di materia, recupera e ricicla i materiali, fa vivere il più a lungo possibile i prodotti di consumo, massimizzandone il valore d’uso.
Nella prefazione, il Direttore dell’AGI Riccardo Luna ha ricordato che il Rapporto “La cultura dell’innovazione”, presentato alla Camera dei Deputati nel dicembre 2017, conteneva una post-fazione illuminante intitolata “L’economia circolare di Sergio Mattarella”, il resoconto del discorso pronunciato dal nostro Presidente della Repubblica a Madrid il 10 febbraio 2017, in occasione della riunione annuale delle Fondazioni Cotec, in particolare il passo dove si sottolineava che “l’economia circolare è un modello produttivo che riduce gli sprechi e tutela l’ambiente e perciò può creare un circolo virtuoso di crescita ed essere una opportunità di sviluppo per i paesi dello sponda sud del Mediterraneo”.
“Era insomma inevitabile che AGI e Censis si misurassero con questo argomento così importante eppure ancora sostanzialmente fuori dal dibattito politico e sconosciuto al grande pubblico – ha affermato Luna – La presente indagine che vuole essere la prima di una serie, prova a mappare l’attuale perimetro dell’economia circolare in Italia, a definire le opportunità di business e infine riporta la propensione ad adottarla di un panel qualificato di imprenditori, professionisti e ricercatori. La conclusione del Censis, ovvero che questo modello convenga all’Italia, punta ad aprire una discussione molto concreta sulle cose da fare”.
Il Rapporto sottolinea che il successo, in quest’ambito, dipende, più di ogni altra cosa, da un cambio radicale di approccio, che punta a considerare risorsa, attribuendole un valore, ciò che sinora è stato considerato residuo di produzione. Questo sforzo, anzitutto concettuale, comporta una rimodulazione dei cicli produttivi, un nuovo modo di concepire prodotti e processi tecnologici: in sintesi, una modalità completamente nuova di produzione e di consumo.
Con questa nuova chiave interpretativa, alcune tra le molteplici attività che comportano un uso più efficiente e sostenibile delle risorse materiali ed energetiche esistenti sono certamente:
– il riutilizzo che permette di conservare il massimo valore dei prodotti che valgono molto di più rispetto alle materie prime che li compongono;
– il riciclo a circuito chiuso, che comporta l’uso dei rifiuti per realizzare nuovi prodotti senza cambiare le proprietà intrinseche del materiale che viene riciclato (ad esempio plastica e vetro);
– il riciclo a circuito aperto, noto anche come downcycling, che utilizza materiali recuperati per creare prodotti che hanno un valore inferiore rispetto a quelle prodotte in un circuito chiuso;
– la bio-raffinazione, che permette di trasformare prodotti esausti in nuova materia prima in grado di avere alti potenziali energetici;
– la riparazione e rigenerazione dei prodotti, che porta al loro ricondizionamento, con una conservazione ancora maggiore del valore iniziale del prodotto, rispetto al riutilizzo.
Secondo il Rapporto, di economia circolare si parla ancora poco, sebbene l’Italia abbia buone carte da giocare in questo ambito. Da ricordare, comunque, il 14 giugno 2018 sono state pubblicate sulla GUUE le 4 Direttive che compongono il Pacchetto economia circolare della Commissione europea, con l’obiettivo di aiutare le imprese e i consumatori europei a compiere la transizione verso un’economia più circolare, in cui le risorse siano utilizzate in modo più sostenibile, e che dovranno essere recepite dai Paesi membri entro il 5 luglio 2020.
Il Rapporto sottolinea che l’Italia ha il più basso consumo domestico di materiali grezzi: 8,5 tonnellate pro-capite contro le 13,5 della media europea. È tra i Paesi più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate: 3,34 euro per ogni kg di risorse, contro un valore medio europeo di 2,20 euro per kg. È al 1° posto per circolazione di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi: il 18,5% di riutilizzo contro il 10,7% della Germania. Sulla totalità dei rifiuti prodotti (129 milioni di tonnellate), nel nostro Paese solo il 21% viene avviato allo smaltimento (contro il 49% della media europea). Sulla totalità dei rifiuti trattati, l’Italia ne avvia al riciclo il 76,9% (il 36,2% nella media UE). Nel 1999 il 68% dei rifiuti urbani veniva mandato direttamente allo smaltimento, ma oggi questa percentuale è scesa all’8% circa. Si stima che la sola industria del riciclo produca 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto (circa l’1% del PIL).
Inoltre, nel 2017 il 48% degli italiani ha acquistato o venduto beni usati, con una crescita dell’11% rispetto al 2016: un mercato che vale 21 miliardi di euro (l’1,2% del PIL). Il 42% degli acquisti è avvenuto online. Gli iscritti a servizi di car sharing sono raddoppiati in due anni: da 630.000 nel 2015 a 1.310.000 nel 2017.
Da un’indagine del Censis volta a cogliere gli orientamenti e il sentiment di un panel qualificato di 1.073 soggetti che occupano posizioni di rilievo nel panorama socio-economico del Paese (imprenditori, liberi professionisti, docenti universitari, dirigenti d’impresa e funzionari pubblici), emerge che il tema dell’economia circolare suscita notevole interesse tra gli imprenditori, Il 70% ritiene che non riguardi solo il recupero, riciclaggio e riuso dei materiali, ma anche la produzione di beni. Per il 78% il principale vantaggio dell’economia circolare sarà la salvaguardia dell’ambiente, ma ancora pochi sono consapevoli che potrà avere un impatto sul PIL e sull’occupazione. Per il 73% si imporrà solo se la politica creerà condizioni favorevoli (i giovani chiedono vantaggi economici evidenti, mentre gli over 65 anni privilegiano azioni che incidano sulla sensibilità collettiva). Per il 60% spetta all’Unione europea guidare il cambiamento. La sharing economy (40%) e la decarbonizzazione (36%) sono i processi innovativi maggiormente correlati.
La transizione verso l’economia circolare può inoltre creare nuove opportunità occupazionali sia per lavoratori con una bassa o media specializzazione, sia per professionalità ad elevata qualificazione.
“Questi elementi dimostrano ampiamente che le condizioni di base per svolgere un ruolo da protagonista e di guida della transizione esistono davvero. Si tratta ora di assumerne consapevolezza e di far crescere la conoscenza e la fiducia nel nuovo paradigma. Si fa economia circolare solamente attraverso un coinvolgimento massivo di tutti gli attori sociali in gioco, e su questo punto l’Italia deve crescere molto, soprattutto nell’azione di indirizzo decisori centrali e nei comportamenti dei cittadini-consumatori”.