Il Rapporto di Energy Transition Commission, organizzazione di cui fanno parte sia colossi dell’industria energetica che personalità di spicco del mondo accademico e istituzionale, ha presentato alla vigilia della COP24 un Rapporto con possibili scenari e itinerari per la completa decarbonizzazione entro il 2050 di cementifici, acciaierie, industrie della plastica, autotrasporto pesante, trasporti marittimi e aerei.
Energy Transition Commission” (ETC) una coalizione di ONG, nata nel 2015 per promuovere l’Accordo di Parigi, di cui fanno parte banchieri, professori universitari e rappresentanti di istituzioni internazionali sia di carattere ambientalista sia dell’industria, anche petrolifera e mineraria, ha pubblicato il Report “Mission Possible: Reaching net-zero carbon emissions from harder-to-abate sectors by mid-century” “Missione possibile: raggiungere alla metà del secolo emissioni di carbonio net-zero nei settori più difficili”.
Il Rapporto delinea i possibili itinerari per decarbonizzare completamente cementifici, acciaierie, industrie della plastica, autotrasporto pesante, trasporti marittimi e aerei, che nell’insieme rappresentano il 30% delle attuali emissioni energetiche che potrebbero aumentare fino al 60% entro il 2050, mentre gli altri settori vedrebbero ridursi le proprie.
Secondo The Mission Possible, sviluppato con il contributo di oltre 200 esperti del settore in un processo di consultazione durato 6 mesi, la completa decarbonizzazione è tecnicamente fattibile con le tecnologie già esistenti, anche se molte devono ancora raggiungere la maturità commerciale. Il costo totale per l’economia globale sarebbe inferiore allo 0,5% del PIL entro la metà del secolo e potrebbe essere ulteriormente ridotto migliorando l’efficienza energetica, e quella dei materiali ad alta intensità di carbonio e limitando la crescita della domanda per i trasporti pesanti (attraverso una maggiore efficienza logistica e trasferimento modale).
“Possiamo costruire un’economia a zero emissioni con un costo minore di quello per la crescita economica – ha affermato Lord Adair Turner, Co-presidente di ETC e già Presidente del Comitato per i Cambiamenti Climatici del Regno Unito- Dovremmo impegnarci adesso a raggiungere questo obiettivo al più tardi nel 2060, e mettere in atto le politiche e gli investimenti necessari per conseguirlo”.
Secondo il Rapporto, non solo è possibile raggiungere le emissioni zero al 2060, ma la data potrebbe essere anticipata al 2050 nei Paesi sviluppati.
L’aspetto cruciale del Rapporto è la maggior elettrificazione dei settori sia che si tratti dei trasporti che dell’industria, aumentando la domanda di elettricità nei consumi finali di energia dall’attuale 20% al 60% entro il 2060, con una forte penetrazione nei settori ad alta intensità di carbonio, che avranno la possibilità di sfruttare le energie rinnovabili a basso costo e a bassi livelli di emissioni.
Grande enfasi viene posta su forti politiche per l’efficienza energetica, soprattutto nei trasporti pesanti, contribuendo a ridurre il fabbisogno di elettricità del settore fino a un quarto.
Per poter soddisfare la maggior domanda di energia determinata dalla maggior elettrificazione, bisognerebbe agire sul rafforzamento delle reti, affinché siano in grado di distribuire un aumento di distribuzione di energia eolica e solare del 10% all’anno.
Il Rapporto stima che con le rinnovabili sempre più competitive dal punto di vista dei costi rispetto ai combustibili fossili, entro 15 anni sarà possibile gestire sistemi elettrici in cui tra 85-90% della domanda di energia è soddisfatta da un mix di vento e solare, in combinazione con batterie di stoccaggio a breve termine. Soddisfare il restante 10-15% di energia sarebbe sicuramente più impegnativo, ma potrebbe essere affrontato con la produzione di energia idroelettrica, da biomasse sostenibili o dall’utilizzo di impianti a combustibili fossili con cattura del carbonio (CCS).
Un ruolo importante viene assegnato all’idrogeno, specialmente nei settori dove la decarbonizzazione è più difficile. Un’economia a zero emissioni nette richiederà un aumento della produzione di idrogeno da 60 milioni di tonnellate annue a circa 425-650 tonnellate entro la metà del secolo. Per produrre idrogeno, l’elettrolisi basata su fonti di energia rinnovabile diventerà sempre più conveniente stante la diminuzione dei costi dell’energia pulita. Il Rapporto prevede che questo idrogeno “verde” potrebbe rappresentare circa la metà della domanda prevista per il gas. Nel frattempo, per l’altra metà, le infrastrutture CCS dovranno svilupparsi per consentire la produzione di idrogeno “quasi zero” dal reforming del metano. Per sviluppare questa tecnologia sarà importante la riduzione dei costi delle celle a combustibile e dei serbatoi di stoccaggio dell’idrogeno.
I percorsi di transizione per i trasporti sarebbero “meno complicati” che per l’industria, anche se per la ETC questo non significa che siano semplici.
Sulle strade, l’adozione di veicoli elettrici economicamente vantaggiosi è considerata cruciale, sostenuta da uno spostamento della logistica pesante verso la ferrovia e la navigazione per ridurre la domanda di autotrasporto. Le trasmissioni elettriche “quasi certamente domineranno, visto il loro vantaggio di efficienza rispetto ai motori a combustione interna“, si afferma nel Rapporto, con biocarburanti e gas naturale che svolgeranno solo un ruolo “transitorio“.
Più impegnativa si rivelerebbe la decarbonizzazione della navigazione e aviazione, settori nei quali l’utilizzo di batterie o idrogeno possono avere un ruolo sulle brevi distanze, ma per i viaggi a lungo raggio la ETC punta su carburanti biologici o sintetici per gli aerei e sull’ammoniaca o biodiesel per le navi. È probabile che tali combustibili siano più costosi rispetto ai combustibili fossili esistenti, ma svilupperebbe il progresso tecnologico e le economie di scala potrebbero ridurne i costi.
Nel complesso, i trasporti pesanti, i camion elettrici e gli autobus diventeranno probabilmente competitivi sotto il profilo dei costi entro il 2030, mentre la ricerca e allo sviluppo di carburanti a basse emissioni di carbonio per aviazione e trasporti sulle lunghe distanze rimane una delle principali priorità per i trasporti a zero emissioni.
Per la decarbonizzazione dell’industria pesante il Rapporto concentra la sua attenzione sull’efficienza energetica, sull’efficienza dei materiali e il riciclaggio, nonché sullo sviluppo del CCS, almeno per i cementifici. Tuttavia, contrariamente ad alcuni altri modelli, secondo la ETC la decarbonizzazione del settore può essere raggiunta senza “grandi quantità” di CCS (circa 5-8 Gt all’anno). Inoltre, le esigenze di stoccaggio richieste per il CCS potrebbero essere inferiori a quanto suggeriscono molti scenari, per effetto dell’immagazzinamento della CO2 in prodotti e materiali.
Nel frattempo, un’economia più circolare che fa un uso migliore delle scorte di materiali esistenti insieme al riciclaggio e al riutilizzo potrebbe ridurre le emissioni di CO2 dei quattro principali settori industriali (plastica, acciaio, alluminio e cemento) del 40% a livello globale, arrivando fino al 56% nelle economie sviluppate.
La produzione di materie plastiche potrebbe essere ridotta del 56% attraverso un maggiore riciclaggio e un uso ridotto della plastica nelle catene chiave di valore chiave, l’ETC calcola. Grazie ad un maggiore riciclaggio e riutilizzo, anche la produzione di acciaio primario potrebbe ridursi del 37% e quella dell’alluminio del 40%, il tutto a un costo accessibile.
Per rendere possibili tutti questi scenari, secondo la ETC gli investimenti necessari non avrebbero costi eccessivi per i consumatori o per le imprese, anche se si riconosce che plastica, cemento, aviazione e spedizioni, potrebbero risultare i settori relativamente costosi da decarbonizzare. Questi costi, comunque, potrebbero essere significativamente ridotti nei prossimi anni, grazie alla diminuzione dei costi delle energie rinnovabili, ad una maggiore efficienza energetica e delle risorse e allo sviluppo tecnologico futuro. Un’adeguata fissazione del prezzo del carbonio, il più possibile esaustiva e concordata a livello internazionale, è considerata fondamentale dall’ETC.
Nei settori industriali, l’investimento di capitale incrementale totale dal 2015 al 2050 potrebbe ammontare tra 5,5-8,4 trilioni di dollari, rappresentando solo circa lo 0,1% del PIL aggregato del periodo e meno dello 0,5% dei probabili risparmi e investimenti globali. L’investimento richiesto nelle infrastrutture di ricarica o di rifornimento di carburante per il trasporto su strada, nel frattempo, potrebbe rappresentare solo il 5% in più dei normali investimenti in infrastrutture di trasporto. E, per il trasporto aereo e marittimo, “non sarebbero necessari grandi investimenti di capitale” se la decarbonizzazione viene raggiunta principalmente attraverso l’utilizzo di carburanti a zero emissioni di carbonio nei motori esistenti.
“Con l’evidenza innovativa fornita da ETC – ha affermato Lord Nicolas Stern, autore del famoso Rapporto che nel 2006 metteva in guardia sui rischi per l’economia globale derivanti dai cambiamenti climatici – c’è una reale prospettiva per tutti i settori dell’economia di intraprendere la strada verso emissioni nette zero di CO2 e raggiungere gli Obiettivi di Parigi“.
Resta la sfida che i leader politici e quelli delle imprese sappiano cogliere il messaggio della ETC, considerando che questa include figure influenti provenienti da grandi società come Shell, BP, Drax, HSBC, Vattenfall, Veolia e Saint Gobain, oltre che rappresentanti delle Nazioni Unite, di ONG verdi e Accademici, e inizino a sviluppare strategie per un’economia decarbonizzata, così urgentemente necessarie, che siano credibili e soprattutto coordinate e il più universali possibili, visto quel che sta succedendo in Francia.
Tra le rivendicazioni del movimento dei “Gilets Jaunes” al primo posto c’è la “soppressione totale della tassa sui carburanti” che, viceversa, il Governo ha annunciato in rialzo, aggiornando la carbon tax sulle emissioni di CO2, penalizzante per i motori diesel che dovranno scomparire dal parco auto entro cinque-sei anni.
Nessun scenario di contrasto ai cambiamenti climatici può fare a meno dell’introduzione di una tassazione sul carbonio, in nome del principio “chi inquina paga”, ma deve essere percepita come necessaria e equa, non penalizzante per gli utenti finali. Se poi c’è ancora tra i Capi di Stato e di Governo chi ribadisce che i cambiamenti climatici sono una bufala e non vuol mettere in alcun modo in discussione un sistema che ha portato al collasso ambientale, che senso ha partecipare alla COP24 di Katowice con la parola d’ordine “Changing together”?.