L’annuale Rapporto del Programma Ambiente delle Nazioni Unite che monitora misure avviate dai Paesi per ridurre le emissioni di gas climalteranti conferma, dopo i dati diffusi dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale sull’aumento record della concentrazione in atmosfera della CO2, che con gli attuali impegni si raggiungerebbe al 2100 almeno +3 °C, fallendo l’obiettivo dell’Accordo di Parigi.
Come anticipato, dopo la pubblicazione sulla Situazione della concentrazione in atmosfera nel 2017 dei gas ad effetto serra ad opera dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), è stato presentato a Parigi il 27 novembre 2018 anche l’altro documento base di discussione per la Conferenza ONU sul Clima (COP24), in programma a Katowice (Polonia) dal 2 al 14 dicembre 2018, ovvero l’Emissions Gap Report del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP).
È dal 2010 che l’UNEP monitora, come richiesto dalle Parti della Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), gli impegni politici assunti dai Paesi, analizzando come questi si tradurranno in termini di riduzione delle emissioni al 2030, in riferimento alla traiettoria prevista per raggiungere l’obiettivo concordato.
Ebbene, secondo l’UNEP, i Governi dovrebbero triplicare le azioni e misure climatiche se vogliono garantirsi che siano soddisfatti gli obiettivi dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a +2 °C o +1,5 °C al 2100.
L’UNEP sottolinea nel comunicato che le emissioni globali stanno aumentando e gli impegni nazionali per combattere i cambiamenti climatici non arrivano. Tuttavia, l’impegno crescente del settore privato e il potenziale non sfruttato derivante dall’innovazione e dalle disponibilità di finanziamenti ecocompatibili offrono indicazioni per colmare il divario tra i livelli delle emissioni previsti nel 2030 e quelli coerenti con un obiettivo di +2 °C o +1,5 °C.
I risultati del Rapporto costituiscono la più recente contabilità degli sforzi nazionali di mitigazione e delle ambizioni degli impegni assunti da tutti i Paesi del mondo (NDC), che sono alla base dell’Accordo di Parigi.
Le emissioni globali hanno raggiunto livelli storici a 53,5 GtCO2e, senza alcun segnale che costituiscano un picco ovvero il punto dal quale le emissioni cominciano a decrescere. Gli autori del Rapporto hanno valutato che solo 57 Paesi (che rappresentano il 60% delle emissioni globali) sono sulla buona strada per raggiungere il picco entro il 2030.
Tale analisi e la revisione dei progressi compiuti negli impegni nazionali sottoscritti nell’ambito dell’Accordo di Parigi indicano che l’attuale ritmo delle misure implementate è insufficiente per raggiungere gli obiettivi previsti.. Stante l’aumento delle emissioni e il ritardo di azioni adeguate, il divario tra quel che sarebbe necessario e le proiezioni di riduzione delle emissioni quest’anno è risultato il più ampio di sempre, tal che i Paesi devono triplicare le ambizioni per raggiungere l’obiettivo auspicato.
“Se il Rapporto dell’IPCC [ndr: il riferimento è ovviamente all’ultimo Rapporto speciale per i decisori politici (ARs)] ha rappresentato un allarme antincendio globale, questo rapporto costituisce l’inchiesta sull’incendio – ha dichiarato Joyce Msuya, Direttrice esecutiva pro-tempore dell’UNEP, dopo le dimissioni di Erik Solheim – La scienza è chiara, nonostante abbiamo visto le attestazioni di voler perseguire ambiziose azioni climatiche, non c’è al momento da parte dei Governi la necessaria urgenza di agire. Stiamo alimentando l’incendio, mentre i mezzi per estinguerlo sono a portata di mano”.
Se le tendenze attuali dovessero proseguire, osservano gli autori del Rapporto, provocherebbero un aumento della temperatura globale di circa 3 °C entro la fine del secolo, con successivi e continui aumenti
Pur sottolineando che esiste ancora la possibilità per colmare il gap e mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei +2 °C, il Rapporto emette un chiaro avvertimento: il tipo di azione drastica e su larga scala di cui abbiamo urgente bisogno non si intravede.
Per colmare questo vuoto, il Rapporto Emissions Gap Report 2018 offre nuove indicazioni sull’azione climatica da intraprendere. Attraverso una nuova analisi delle emissioni globali nel contesto della politica fiscale, all’attuale ritmo delle innovazioni e sulla base di una revisione esaustiva dell’azione per il clima da parte del settore privato e sub-nazionale, gli autori del Rapporto propongono una tabella di marcia per l’attuazione del tipo di azione trasformativa necessaria per massimizzare il potenziale in ciascuno di questi settori, siano essi amministrazioni di città, province, stati e regioni, imprese, investitori, istituti di istruzione superiore e organizzazioni della società civile, gli attori non statali si stanno impegnando sempre più per un’azione audace sul clima. Queste istituzioni sono sempre più riconosciute come un elemento chiave nel raggiungimento degli obiettivi di emissioni globali.
Sebbene le stime sul potenziale di riduzione delle emissioni varino notevolmente, alcuni fanno menzione di 19 gigatonnellate equivalenti di anidride carbonica (GtCO2e) entro il 2030, sufficienti per chiudere il gap. Il potenziale, evidenziano gli autori, sarebbe ancora più importante se fosse accompagnato da una politica fiscale progettata giudiziosamente.
“Quando i Governi adottano misure di politica fiscale per sovvenzionare alternative a basse emissioni e tassare i combustibili fossili, possono stimolare i giusti investimenti nel settore energetico e ridurre significativamente le emissioni di carbonio – ha affermato Jian Liu, Direttore scientifico dell’UNEP – Per fortuna, il potenziale di utilizzare la politica fiscale come incentivo è sempre più valutato, con 51 iniziative di determinazione del prezzo del carbonio che sono attualmente adottate o programmate, che coprono circa il 15% delle emissioni globali. Se tutti i sussidi per i combustibili fossili venissero eliminati gradualmente, le emissioni globali di carbonio potrebbero essere ridotte fino al 10% entro il 2030. Anche stabilire il giusto prezzo del carbonio è essenziale. In alcuni Paesi, a 70 dollari USA per tonnellata di CO2, sono possibili riduzioni delle emissioni fino al 40%“.
Questi percorsi consolidati vengono ulteriormente potenziati quando i responsabili politici adottano soluzioni innovative. Gli autori hanno delineato 5 principi chiave o “fattori di successo”
che i politici dovrebbero prendere in considerazione durante la progettazione
di politiche e programmi per accelerare l’innovazione a basse emissioni di carbonio:
– l’accettazione dell’elevato rischio iniziale che le organizzazioni private sono restie ad accettare;
– nella fase intermedia della catena dell’innovazione, gli organismi pubblici devono essere in grado di alimentare gli effetti di feedback tra le diverse aree innovative e di aiutare a ridurre i rischi per gli investimenti privati per progetti a scala commerciale;
– le politiche verdi devono essere adottate in ogni settore dell’economia;
– l’innovazione mirata è utile per
stimolare gli investimenti e l’innovazione nei diversi settori economici per raggiungere concreti e specifici obiettivi, con per esempio la percentuale di riduzione dei costi di una determinata tecnologia a basse emissioni di carbonio entro una certa data;
– gli strumenti politici devono essere strutturati in modo da mobilitare gli attori attraverso la ricerca e la partecipazione dal basso verso l’alto, e queste politiche devono aver un orizzonte temporale a lungo termine in modo da dare certezza agli investimenti privati.